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29 giugno 2016

Viaggio tra le anime baltiche di Jan Brokken

"Leggere è come viaggiare": un concetto così vero e meraviglioso da risultare banale per chi ama perdersi quotidianamente tra le pagine di un romanzo o saggio.
Aggiungiamoci però un dettaglio: leggere è un viaggio che oltrepassa i confini di una singola lettura, tanto che dopo un po' risulta difficile ricordarsi il punto di partenza e tutte le tappe.

Questo capita quando incontriamo un riferimento a un libro in un altro libro oppure quando un luogo, un momento storico o un personaggio meritano ulteriori approfondimenti.

È l'essenza del "liber librum aperit", di cui vi avevo già parlato in occasione del post dedicato a Francesco Matteo Cataluccio.

Anime baltiche di Jan Brokken è un meraviglioso volume dove si viaggia, e anche tanto. Si viaggia mentre lo leggi - quando ti ritrovi a seguire l'autore lungo le strade delle repubbliche Baltiche - e quando l'hai finito perché gli spunti per continuare il viaggio - inutile dirlo! - sono tantissimi. I racconti sono infatti dodici per un itinerario che tocca Lettonia, Lituania ed Estonia, luoghi poco conosciuti dai molti, ma ricchi di storia e storie.

Tra le pagine di Brokken rivivono l'arte di Mark Rothko e i film del regista Ėjzenštejn, le sinfonie di Arvo Pärt e i pensieri di Hannah Arendt. Non mancano poi vite avventurose come quella dello scrittore Romain Gary e un racconti di resistenza dedicato a una libreria capace di superare entrambe le guerre mondiali. È un libro di vite e vita, fatto di passioni, illusioni e quella nostalgia tipica dei popoli che hanno sofferto troppo.
In Anime baltiche c'è la storia, difficile e violenta. Ci sono Riga, Tallinn, e Vilnius, con i loro quartieri ebraici, i castelli e palazzi borghesi dal sapore ottocentesco. E c'è, in ogni parola - la sensibile, curiosa e indomita anima baltica. Quell'anima che, attraverso arte, musica e poesia, ha contribuito alla grandezza di questi protagonisti della storia e ci ha regalato tanta bellezza.

21 giugno 2016

Patagonia e Vajont, storie di un passato scomparso

C'erano una volta due gruppi di persone che vivevano una vita semplice, all'insegna dei racconti attorno al camino, del contatto con la natura e del rispetto nei confronti degli altri esseri viventi.
C'era una volta una vecchietta che rendeva fertile la terra che toccava, un forte spirito di collaborazione e l'amore per il proprio lavoro quotidiano.
C'erano una volta due terre. Oggi sono rimasti due libri.

La Patagonia di Luis Sepulveda

"Ultime notizie dal Sud" di Luis Sepulveda racconta il viaggio di uno scrittore e un fotografo.

I due, armati di una Moleskine e una Leica, decidono di esplorare la Patagonia alla ricerca di storie.
Tra paesaggi mozzafiato e luoghi dove il tempo sembra essersi fermato, entrano in contatto con una realtà in via d'estinzione, fatta di natura e artigianato, suggestive leggende e vite avventurose.

Nel deserto incontrano una persona in cerca del legno perfetto per un violino speciale; in un bar il discendente di Davy Crockett; a El Bolson un vero folletto. Ma si tratta sempre di ultime storie, di piccoli brandelli di un passato che già oggi non è più possibile ritrovare. E la toccante avventura della coppia si trasforma nello struggente addio a una regione cancellata dall'avidità dei potenti della terra.


Il Vajont di Mauro Corona

Di ultime storie parla anche "Il volo della martora" di Mauro Corona, potente e malinconico racconto dedicato al Vajont e alla sua gente.

Quelle di Corona sono narrazioni dal sapore montanaro, che hanno per protagonisti falegnami e cacciatori e raccontano non solo di animali, fiori, alberi, ma anche di sentimenti, aspirazioni, valori. Tutti scomparsi.

Le pagine si susseguono riempiendosi di calore e umanità e, a volte, anticipano quello che sarebbe stato il destino della gente del Vajont, al di là del disastro del 9 ottobre 1963.

Emblematico in questo senso è il racconto dell’avvento (grazie ai lavori sulla diga) di nuove possibilità lavorative e maggiore disponibilità di denaro che portano in città la prima televisione, televisione che sostituisce immediatamente il consueto momento del racconto attorno al fuoco, annientando tradizioni e distruggendo l'anima di un paese.

L'evento diventa una delle prime cause della lenta e inesorabile trasformazione della gente del Vajont, resa dal capitalismo più solitaria, più fredda, più chiusa. E soprattutto dotata di sempre meno parole.
Parole che, per fortuna, è ancora possibile ritrovare nei libri.

Due favole tristi, un monito per il futuro
I racconti di Mauro Corona e Luis Sepulveda sono favole dal triste finale che riguardano anche noi, perché ci ricordano l’importanza di ridimensionare il concetto di crescita e sviluppo.

Svuotati di contenuto, senza tradizioni e valori, schiavi dei consumi e privati della stessa facoltà d'immaginare o pensare, diventiamo peggiori dimenticando completamente la magia del mondo che ci circonda.

Poiché rimarginare le ferite del passato è sempre più difficile che prevenire scelte sbagliate, vi consiglio di trovare in questi libri una guida a ciò che conta e che vale davvero la pena difendere e preservare. Gli splendidi racconti di Corona e Sepulveda, per chi è in grado di apprezzarli, possono essere un meraviglioso salvagente per mantenere intatta la propria umanità.

13 giugno 2016

A proposito della tetralogia di Elena Ferrante

Un altro viaggio è terminato: quello in compagnia di Lenuccia e Lila, le "amiche geniali" di Elena Ferrante. Se consiglio questo libro? Sì. E non solo: se siete donne, vi auguro di viverlo più che di leggerlo; di immergervi in questo mare di umanità imperfette; di osservare voi stesse attraverso le due protagoniste anziché di guardarle da lontano.

Lila e Lenuccia sono cresciute dall'amica geniale e - in "Storia del nuovo cognome", "Storia di chi fugge e chi resta", "Storia della bambina perduta" - hanno attraversato adolescenza, giovinezza, mezza età fino ad arrivare alla vecchiaia. Sempre diverse ma insieme, anche quando divise. Successi e insuccessi sono stati distribuiti in egual misura tra le due che però non li vivono quasi mai insieme, quasi a dimostrare la necessità di rimanere sempre in contrapposizione. Il tutto in una Napoli che cambia, ma solo apparentemente.

E la trama? Impossibile cedere alla tentazione di raccontarla. Tra i punti forti del libro c'è infatti la sua capacità di sorprendere sempre. Ma poco ci importa: il vero punto di forza della tetralogia non è solo la storia, ma la capacità di farti ritrovare e vedere con più chiarezza te stessa.

Donne in bianco e nero

La storia delle due amiche è prima di tutto uno specchio dell'essere donna, amica, moglie, madre. Uno specchio fedele che riporta un'immagine imperfetta, sgraziata, a volte a colori e a volte in bianco e nero.
Se la personalità e psiche di Lenuccia appare abbastanza chiaramente al lettore, di Lila abbiamo solo uno sfocato riflesso che scaturisce dal racconto della sua amica.  E questo disorienta, fa sentire orfani, fa volere di più. Difatti, a un certo punto della lettura, ho bramato intensamente l'uscita di un quinto volume raccontato solo dalla voce di Lila.

Perché affascinano Lila e Lenuccia? Perché sono l'archetipo di due modelli di persona: Lenuccia indossa una maschera e, attraverso questa scelta, esprime in modo completo e interessante il divario che è possibile creare tra ciò che siamo e ciò che appariamo. Osservandola è possibile capire che dietro a una frase sprezzante, a un comportamento antipatico, c'è una voragine di pensieri, idee, sentimenti, paranoie, che difficilmente qualcuno (se non la sua amica) riuscirà mai ad afferrare.
I comportamenti di Lenuccia diventano il prodotto mal distillato di una botte ricca di ingredienti preziosi, un prodotto che non riesce a conservare le sue caratteristiche perché troppo influenzato dagli agenti esterni.

Lila è invece tribale, primitiva, selvaggia. È l'essenza autentica, senza filtri. La sua sfrontatezza è autentica, la sua natura emerge con prepotenza. Non ha bisogno di costruire maschere per compiacere o essere come gli altri la vogliano. È veramente forte e non sa di esserlo.

L'Italia tra splendori e macerie, una metafora della vita

Il libro è specchio anche di un'Italia che cambia e, allo stesso tempo rimane sempre uguale. Quasi come se la sua sporcizia fosse ormai caratteristiche indelebile. La fame di ricchezza, la lotta di classe, l'instabilità morale, il rapporto con il potere: l'Italia e gli italiani sono lo sfondo e l'anima del libro.

Napoli stessa è una città che cambia e non cambia, dove "si è costruito tutto e scassato tutto", una zona in bilico tra splendori e macerie. Prima è grigia, poi splendente, poi nuovamente grigia. Un po' come l'intera storia e la vita stessa, che altri non è che un susseguirsi di deviazioni e sbandamenti - a volte positivi, a volte negativi - e di continui tentativi di mantenere l'equilibrio.


L'amica geniale
Autore: Elena Ferrante
Data di pubblicazione: ottobre 2011
Pagine: 400
ISBN: 9788866320326
Editore: Edizioni E/O
Prezzo: € 18,00

Storia del nuovo cognome
Autore: Elena Ferrante
Data di pubblicazione: ottobre 2012
Pagine: 480
ISBN: 9788866321811
Editore: Edizioni E/O
Prezzo: € 19,50

Storia di chi fugge e chi resta
Autore: Elena Ferrante
Data di pubblicazione: ottobre 2013
Pagine: 384
ISBN: 9788866324119
Editore: Edizioni E/O
Prezzo: € 19,50

Storia della bambina perduta
Autore: Elena Ferrante
Data di pubblicazione: ottobre 2014
Pagine: 464
ISBN: 9788866325512
Editore: Edizioni E/O
Prezzo: € 19,50

01 giugno 2016

1Q84 di Haruki Murakami



Se un libro non ti lascia dormire la notte. Se arrivi a parcellizzare le pagine per paura di finirlo. Se continui a dirti che più di 700 pagine sono troppo poche. Se, una volta finito, l'unica cosa che senti è la necessità di raccontarlo e raccomandarlo. Ecco, se arrivi a questo punto, vuol dire che hai in mano qualcosa di speciale.

1Q84 di Murakami è così, e io lo sapevo nel momento in cui l'ho acquistato. Molto al di sopra di "Dance Dance Dance", "L’uccello che girava le viti del mondo" e "Kafka sulla spiaggia", 1Q84 è l'opera di Murakami che ho preferito. Cosa incredibile visto che ho amato ogni singola opera dello scrittore giapponese.

Lost in 1Q84
Tralasciando la trama,  che sarebbe ingiusto svelarvi, l'unica cosa di cui possiamo parlare sono le emozioni e le impressioni. Non mi ritrovavo così soddisfatta ed entusiasta di un prodotto culturale dalla fine di Lost, in assoluto il miglior telefilm di tutti i tempi per la sua capacità di essere simile all'epica, alla letteratura e alla tragedia greca.

1Q84 ha infatti molte cose che ricordano il celebre serial di J.J Abrams: la scelta di un racconto a più voci optando per parallelismi difficili da identificare nel tempo, i flashback, la dipendenza che si prova alla fine di ogni capitolo e il principio: sia in Lost che in 1Q84 i protagonisti si ritrovano "prigionieri" in un luogo chiuso all'inizio della storia.

Come Lost, questo romanzo ti trascina in un mondo altro sconosciuto e indefinibile e trasforma la lettura in qualcosa di attivo e non passivo. La mente è infatti continuamente stimolata a trovare collegamenti, ricordare riferimenti e tentare di dare un senso a tutti i piccoli indizi contenuti nel libro.
Ma 1Q84 è anche, come Moby Dick e sempre come Lost, un contenitore di cultura grazie alle numerose citazioni musicali e letterarie all'interno del romanzo, tutte ovviamente ben inserite nel contesto descritto. Ed è anche un libro che ha come protagoniste tante donne caratterizzate con precisione.

Infine 1Q84 è una bellissima storia "alla Haruki". Onirica e suggestiva ma che, unita agli elementi qui sopra, crea un qualcosa di unico.

Il finale e il lettore attivo
Dopo l'uscita di 1Q84 Libro 3, numerosi commenti hanno accostato il lunghissimo romanzo di Murakami a Lost. Anche, e oserei dire soprattutto, per il finale, considerato da tutti deludente.
Al di là dei giudizi personali, che rispetto, ritengo sia sbagliato giudicare un'opera, che sia un libro o un telefilm, basandosi esclusivamente sul finale. 1Q84, come Lost, è da valutare nella sua interezza. È una grande opera da ammirare per l'intreccio scelto, per la completezza della sua struttura narrativa, per i dettagli, per la descrizione dei personaggi e, soprattutto, per le sensazioni provate durante la lettura. Se si presta attenzione a tutti questi elementi, il finale appare sotto tutta un'altra luce.

1Q84, come ogni altro libro di Murakami, necessita di un lettore attivo e attento, capace di riflettere su quello che legge. Oltre a un pizzico di fantasia, per poter dare un proprio senso alla storia, occorre concentrazione e buona memoria, perché spesso gli indizi per interpretare il finale e contestualizzare l’intero racconto sono nei capitoli precedenti. Proprio come in Lost.

Ricordando Umberto Eco, che nel suo "Apocalittici e Integrati" scrive che "la cultura odierna ha la tendenza di suggerire emozioni già costruite scoraggiando sforzo individuale", si può dire che 1Q84 non è adatto a lettori che si aspettano di ricevere un finale chiaro ed esaustivo. Certo alcune cose non vengono spiegate, in parte è vero, ma è possibile completarle con la propria fantasia.

Ritengo 1Q84  una grande saga caratterizzata da un intreccio affascinante che ti costringe a prestare attenzione a ogni singolo passaggio per poter ricostruire l'intera storia.
A una scrittura semplice, peculiarità di ogni scrittore giapponese, si abbina un’incantevole narrazione molto visiva e una fantasia surrealista degna di David Lynch. Tutti elementi che confermano la grandezza di Murakami e di questa sua opera.

Questo è stato per me 1Q84. Questo è per me Haruki Murakami.