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09 ottobre 2016

Sulla pelle viva, il Vajont raccontato da Tina Merlin

Correva l'anno 1963, il giorno 9 ottobre e le ore 22.36. Un momento fatale che, come ogni altro momento fatale della storia, scelse di occupare uno spazio preciso. In quell'istante sciagurato, 270 milioni di metri cubi di terra e 50 milioni di metri cubi di acqua ammutolirono un'intera valle. Longarone venne spezzata via, Erto e Casso ferite a morte.

Fu un disastro, ma un disastro difficile da digerire. La natura si era trasformata in nemico perché stuzzicata dall'uomo. Perché il Vajont non solo era prevedibile, ma anche evitabile.


Correva poi l'anno 2014 e il mese di agosto. Io e il mio compagno decidemmo di visitare il Vajont dopo aver visto lo spettacolo teatrale "Il racconto del Vajont" di Marco Paolini e letto "Il volo della martora" di Mauro Corona. Ascoltare le grida silenziose delle vittime, perse ormai nei rumori della natura, era un atto che sentivamo necessario.
In questo viaggio, che valse più di mille parole, tornai a casa con "Sulla pelle viva", libro di Tina Merlin, voce inascoltata del Vajont.

Partigiana, giornalista e militante del Pci, Tina raccontò tutta la storia del Vajont prima, durante e dopo la tragedia con quella maestria e obiettività che solo i grandi giornalisti hanno. Per questo, "Sulla pelle viva" è, ancora oggi, un'indagine importante per molti motivi.


Vera e cruda, quella della Merlin è la storia del Vajont


Prima di tutto "Sulla pelle viva" è la storia del Vajont e della sua gente, delle menzogne, delle scelte sbagliate, dei soprusi e di quanto poco contava il popolo per chi deteneva il potere.
Che sarebbe franato il Toc lo sapeva la Merlin, la gente di lassù e anche "i potenti" dell'epoca, a cominciare dalla Sade, colosso privato del settore della energia che aveva volutamente deciso di far finta di niente.
Non ci sono sbavature o esagerazioni: la storia raccontata dalla Merlin è la stessa raccontata dal Museo del Centro Visite e dal processo. È una storia che fa orrore ma che va usata con buon senso: per sviluppare quel senso critico necessario per comprendere il mondo che ci circonda e i rischi che corriamo se non alziamo la testa.


Un esempio di grande giornalismo e il ricordo di una grande donna


Il libro sul Vajont di Tina Merlin è anche una testimonianza fondamentale perché esempio di grande giornalismo. Quel giornalismo che oggi è ad appannaggio di una ristretta cerchia: non di parte, ma capace di analizzare e raccontare i fatti come stanno.
È un lavoro da ammirare, ma che lascia anche molto amaro in bocca. Perché non ha dato agli abitanti di Longarone, Erto e Casso un lieto fine.
"Sulla pelle viva" è anche la storia di una grande donna, indomita e coraggiosa. Una donna forte di quelle che piacciono a me. Tina Merlin non si fece spaventare dalle circostanze e andò avanti a testa alta, prima e dopo. Prima, quando fu continuamente messa da parte e isolata e dopo, quando le persone la definirono Cassandra o uccello del malaugurio.


Un libro che è un monito per noi tutti


Infine, il libro di Tina Merlin insegna (e chi abita a stretto contatto con la natura lo sa bene) che la natura va rispettata.
No, non è solo uno slogan ecologista, ma la semplice e pure verità: noi non siamo i padroni del mondo, ma semplici attori co-protagonisti assieme a tanto altro. E le nostre decisioni sbagliate possono influenzare l'ambiente che ci circonda. Che si sentirà sempre in dovere di rispondere.
Una tragedia di questa portata è profondamente ingiusta. Ma diventa ancora più ingiusta se dimenticata o, ancora peggio, incompresa.
Per questo leggere Tina Merlin e rendere omaggio a questa terra è fondamentale per non dimenticare. Perché è impossibile aspirare a un futuro migliore se si ignora, volutamente o non, il passato.

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