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19 aprile 2017

Intervista a Laura Scarpa del blog "caffè a colazione"



Straordinaria, precisa, sempre interessante. Questa è Laura Scarpa, fumettista e illustratrice italiana che da anni incanta il pubblico con il suo blog "Caffè a colazione". Le sue creazioni, rappresentazione perfetta della meravigliosa potenza e magia del disegno manuale, offrono sempre uno spunto per sognare o riflettere. Ho avuto il piacere di intervistarla. Ecco cosa mi ha raccontato.


1) Buongiorno Laura e grazie per aver accettato di chiacchierare virtualmente con me. Iniziamo con una domanda obbligatoria: cosa ti ha spinto a scegliere il mondo dei fumetti e delle illustrazioni come percorso di vita?

L'essere lettrice, prima di tutto. Ero innamorata del meraviglioso "Corriere dei Piccoli" degli anni 60 e primissimi 70, quando ospitava autori quali Nidasio, Battaglia, Di Gennaro, grandi nomi francesi (Hermann o Pejo) e infine... Pratt, la Ballata.
Inizialmente volevo forse fare la scenografa, ma disegnavo già fumettini. Andai da Pratt, gli feci vedere le cose, mi incoraggiò (telefonando a casa da mio padre) e mi dette tanti consigli ahimè troppo mal seguiti. Piano piano cominciai, parlando anche con altri autori, come Battaglia, che telefonò per presentarmi al Corrierino.

2) Delle tue illustrazioni amo moltissimo lo stile. Ogni tua creazione riempie i miei occhi di bellezza perché capace di combinare un tratto soave con racconti ricchi di fascino o messaggi sociali importanti. Come ti approcci a questo processo?

Lo stile si è creato disegnando giorno dopo giorno sui quadernini.
Diventata ormai molto più editor che fumettista, mi trovavo a disegnare ogni tanto e di fretta. Ho deciso di fare un piccolo lavoro quotidiano di scavo, quasi più sul contenuto che sulla forma. Segni più frasi, appunti.
Ma contenuto e forma vanno a braccetto. E le cose si sviluppano e formano con l'evoluzione in loro e in te. Ho quindi riscoperto la biro, gli acquerelli e l'immagine singola.
Il sociale non mi piace evidenziarlo. Vorrei dare uno sguardo laterale, non per un proposito alto, ma perché  sono così, piuttosto intollerante alle cose troppo digerite e alle dichiarazioni ufficiali.
Parto a volte con ben chiara l'immagine che voglio, altre  cercando con la penna.
Quello che serve non è il tempo, ma la concentrazione su un'idea o una sensazione. Se non sono concentrata, non arriva l'idea. Devo avere una cosa che preme dire e diventare la penna che disegna, allora è abbastanza semplice.

3) Come scegli l'argomento della giornata?

A seconda di quello che mi tocca, che ho visto, che mi preme. Raramente perché è già un argomento del giorno, ma  a volte può capitare.
Oggi è l'8 marzo, e non ho un'idea intelligente o ironica che mi sia venuta. Perciò non disegno.
Talvolta c'è un discorso, un tema comune nell'aria, e mi va di trattarlo da un punto di vista più piccolo e discreto. Altre volte è la mia solitudine, o gli amici, il lavoro, la fatica, il sole...
Qualche volta, in viaggio, è una visione da turista, una pausa.
Ora da quasi due mesi, sto disegnando una vignetta (non di satira) sul numero del sabato del quotidiano "La Prealpina" di Varese. Mi ha chiamata il direttore che seguiva i miei caffè.
Qui devo comunicare qualcosa a un pubblico vasto e diverso da quello che mi sceglie o incrocia su internet. Un riferimento, anche lieve, a qualcosa del grande mondo lo devo mettere, interpretato da me, ma non può essere il mio piccolo mondo (ritardi, influenza, un'osteria...).
Questo sforzo di cercare ogni settimana qualcosa di importante per me e per gli altri, e vederlo in modo personale e intimo, ma comprensibile a un lettore più distratto, è molto stimolante, una bella sfida.

4) Tra i tuoi disegni ci sono moltissimi riferimenti ad avvenimenti politici e sociali. Cosa significa interpretare la realtà attraverso la potenza di un disegno?

Credo di averti già risposto. A volte la politica filtra tra sensazioni personali. La ragazza nera mia vicina di casa, elegantemente vestita all'occidentale, e io botola, che esco con il tunicone marocchino... un contrasto visivo e quotidiano che ha un senso politico.
La politica stretta la tratto poco o niente, ma le grandi lotte, le ingiustizie, il senso sociale del mondo attorno, mi toccano. Cerco di farlo in modo diverso, perché solo tante idee e visioni diverse, creano dibattito e crescita.
A questo proposito, mi aveva molto impegnata, più di un anno fa, i 100 ragazzidi Ankara.
È stato uno sforzo non perdere un giorno, ma è servito per ricordarli e far capire che noi siamo come loro (e viceversa) anche sono in Turchia. Un progetto importante per non dimenticare le vittime lontane che hanno avuto il coraggio di protestare (loro, e gli studenti messicani uccisi pochi mesi prima)... ecco, la mia è una goccia tra altre, spero serva.

5) In un mondo che si divide (senza che ve ne sia bisogno) in due fazioni, pro-carta e contro-carta, tu sei un perfetto esempio di un equilibrio possibile. I disegni di "Caffè a colazione" sono nati su carta, han vissuto nel mondo digitale e sono stati tradotti in un libro. Cosa ti ha spinto a farlo?

Amo la carta per disegnare, ma il computer ha tante potenzialità, spesso accade che io ritocchi i miei disegni al computer o li colori (quando vedete tinte piatte). A me piace mescolare, ho sempre mescolato colori diversi e dunque mescolo e creo scambi tra carta e schermo.
Vince la carta, quando, con amore e piacere passo la penna sulla superficie che vi si oppone e non scivola, e crea errori creativi.
Ma lo schermo dà sicurezza e luce, risolve problemi, gioca.

6) Cosa diresti a chi ritiene che la carta sia morta?

Per ora no, ancora per un po'. Il futuro non so. Credo il digitale diventerà importante, prevalente per le nuove generazioni, soprattutto se si evolverà ancora.
So solo una cosa: la carta la puoi usare sempre, al sole, sotto la pioggia, a pile scariche... e così si conserva. Il digitale si cancella facile, ho visto passare tanti supporti nella mia vita e ho perso chili di roba.
Ma tutto passa...

7) Un disegno al giorno è un esercizio quasi zen. Al di là di nuovi ammiratori, cosa ha portato questa pratica alla tua persona?

Sì sì, molto zen, una mia amica ebrea dice che un pensiero al giorno (un anno lo feci infatti con frasi o poesie, ma solo per me stessa) è anche il senso (ebraico) di sottolineare che ogni giorno va vissuto, ha un senso.
Un disegno al giorno è concentrazione in te stesso, ti fa evolvere tantissimo, ma il rischio, in cui sto incappando ora, dopo 8 anni, è invece poi adagiarmi, ripetermi, accontentare i like... occorre invece cambiare.

8) Quali sono gli autori che più di altri hanno influenzato le tue narrazioni? E quali quelli che ami?


Spero tanti, sono partita da Pratt, in realtà porto in me molta Nidasio. Quando iniziai e conobbi Mattotti con cui dividevo lo studio, imparai delle cose da lui, ma ci sono tanti autori da guardare, da Blutch a Baudoin, da Sempé a Brétecher, da Reiser a Topor, guardare sempre tutto fa crescere, rubare da tutti salva dalla perdita di identità.

9) Oltre a "Caffè a colazione", ci sono altri progetti a cui sei legata in modo particolare? Ti va di raccontarmeli?

Non guardo troppo al passato... infatti il mio libro uscito ora in Francia per Delcourt, con le storie fatte per "Blue" tra anni 90 e primi 2000, mi fa uno strano effetto. non tanto per la narrazione, ma per il segno che mi appare lontano.
Guardo oggi e domani, e non è facile.
Amo mescolare (per me, non in assoluto) il fumetto con pagine non identificabili. Ho delle idee in questo senso, ma ancora vaghe.
Sto facendo  la seconda storia per "Aces Weekly", la rivista digitale diretta da David Lloyd (V for vendetta), e sfocerà poi in un libro di immagini sulla prima guerra mondiale.
Sto lavorando alle vignette per "La Prealpina", e, come già dicevo, trovo molto stimolante DOVER trovare argomento comune, sforzarmi di comunicare a sconosciuti.
Ecco, oltre vagolare in rete e raccogliere amici da tutto il mondo, mi affascina molto stampare e cercare o farsi trovare da un pubblico specifico, la diversità dei due mezzi mi pare interessante. Per il resto i progetti sono più come editrice, ComicOut si propone sempre più come editore che cerca di far capire il linguaggio e la bellezza del (bel) fumetto, con libri, anche per bambini, e manuali.

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