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09 marzo 2016

Vergogna di J.M. Coetzee

Nel libro Vergogna di J.M. Coetzee, il razzismo sceglie un'altra direzione rispetto a quella che vede contrapposti i "divini bianchi" o i "divini occidentali" a chiunque non sia altrettanto "perfetto".
Qui è una coppia caucasica, padre e figlia, a dover fare i conti con il razzismo sudafricano post-apartheid.

Ambientata nella Provincia del Capo, la storia prende il via quando il cinquantaduenne professore universitario David Laurie viene denunciato da una sua allieva (con cui ha una relazione) per molestie sessuali. Licenziato, trova conforto nella fattoria gestita della figlia Lucy.
Qui la vita inizia a trovare un senso per David, che in questo piccolo angolo di paradiso si dedica alla scrittura e riscopre l’amore per gli animali, grazie anche all'aiuto che inizia a dare in una clinica veterinaria. Ma la situazione cambia il giorno in cui alcuni individui saccheggiano la fattoria e riversano su David e Lucy un fiume di inaudita violenza. Questa è la tassa che deve devolvere una donna per la sua indipendenza, questo è il prezzo che deve pagare un bianco in un Sudafrica trasformato dopo l’apartheid.

Il razzismo e la disuguaglianza tra persone che respirano nello stesso modo diventa quindi il tema principale di un romanzo condito con una scrittura leggera e pulita, quasi essenziale.
L’impressione che resta, e che forse trascende la bellissima descrizione della psicologia dei personaggi, è vergogna. Vergogna per cosa può fare l’uomo. E per quanto sia inutile rispondere alla violenza con altra violenza.

È la stessa sensazione che ho provato quando ho sentito dire che "l’olocausto è giusto alla luce di quello che gli israeliani hanno fatto poi" oppure quando ho letto la storia del pugile Muhammad Ali e i capitoli di "Padroni del Mondo" di Enzo Biagi dedicati a Malcom X. Tutti questi personaggi volevano rispondere al razzismo con lo stesso razzismo.
Violenza e vergogna sono due “V” concatenate. Solo che l’unico rapporto di causa-effetto possibile dovrebbe essere che la prima provoca la seconda, e non viceversa.

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