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17 aprile 2016

Anna, Zlata e Lina



Ci sono libri che innervosiscono, che coinvolgono il tuo cuore in sensazioni tanto spiacevoli quanto necessarie. Sono i diari e le storie di guerra raccontate da bambine sensibili che dalla vita vogliono solo una cosa: essere felici. Alcune ci riescono, altre no. Tutte, però, rimangono impresse nella mente e nel cuore di chi scopre le loro storie.

La prima è Anna Frank che, con il suo diario e la sua vita, è ormai parte della storia.
Anna è una testimonianza fondamentale della seconda guerra mondiale, e voce di sensazioni e angosce di una bambina coinvolta suo malgrado nelle atrocità create dagli adulti.
E se il suo diario è una lettura fondamentale per giovani e meno giovani, altrettanto importante è visitare l'alloggio segreto ad Amsterdam. Le parole sulla carta non sono in grado di sconvolgere tanto quanto quelle stampate nella stanza dove Anna sognava un futuro migliore.

Durante la guerra in Jugoslava, un’altra bambina ha deciso di seguire le sue orme e descrivere, giorno dopo giorno, emozioni e fatti di questo conflitto attraverso il suo Diario di Zlata. Al quale domanda “Io amavo la mia infanzia e ora una terribile guerra mi sta portando via tutto. Perché?”. A Zlata Filipovic è stato riservato un destino migliore di Anna, anche se l’esperienza ha lasciato una traccia indelebile e una domanda che non ha mai trovato risposta.

Nel 2011 è poi arrivata Lina, protagonista del libro “Avevano Spento anche la Luna” di Ruta Sepetys. Personaggio di finzione, ma solo per alcuni versi. La figura della giovanissima bambina pittrice, deportata dalla Lituania a un campo di lavoro in Siberia nel ’40 dall'esercito russo, è l’emblema della silenziosa carneficina operata dai comunisti ai danni della popolazione lituana.
Una finzione simile a quelle di "Piccola Guerra Perfetta" di Elvira Dones ma viva e impressionante perché nata dall'accurata ricerca di storie vere della scrittrice.

Quello che è hanno in comune questi libri è il male. Il male che ha attraversato questo secolo assumendo forme diverse. Senza colori e bandiere, questo male non appartiene a una sola fascia politica o a un solo uomo, e si contrappone all'innocenza di bambine senza colpe. È un male che fa male.

E cosa possiamo fare noi, oltre a informarci, ricordare, amare e vivere al meglio la nostra vita?
Possiamo fare una cosa importante: scolpire nel cuore la frase di Otto Frank, papà (sopravvissuto) di Anna e autore della più toccante frase dedicata all'argomento:

"Non possiamo più cambiare quello che è avvenuto. L’unica cosa che possiamo fare è imparare dal passato e comprendere cosa voglia dire discriminare e perseguitare persone innocenti. Sono convinto che ognuno di noi abbia il dovere di lottare contro i pregiudizi."

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