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24 aprile 2016

Chernobyl 1: Lupo mangia cane

Mi sono detta "è solo finzione, è solo un romanzo, è solo un giallo ben descritto", ma il senso di ansia non mi ha abbandonato fino alla fine. Il libro di Martin Cruz Smith, che ho scoperto grazie a un passaparola, è infatti ambientato nel peggiore degli incubi moderni: Chernobyl. E qui realtà e finzione si incontrano e incrociano in un crescendo di doppia tensione e inquietudine.

La trama racconta dell’omicidio del dirigente della NoviRun Pasha Ivanov, ritrovato apparentemente suicida a Mosca, e di quello del suo socio, ucciso fuori dal cimitero di Chernobyl. A indagare è l’ispettore Arkady Renko, già protagonista del precedente romanzo di Smith "Gorky Park", che viene presto trascinato in quella parte del mondo dimenticata e ferita dallo scoppio della centrale nucleare.

A livello stilistico e d'intreccio, Lupo mangia cane svolge perfettamente il suo compito di thriller/giallo: intrattiene, coinvolge il lettore in una lettura di svago e lo spinge a divorare velocemente il romanzo, fino ad arrivare alla scoperta del colpevole. Ma quello che questo libro ha di diverso è la scelta dell’ambientazione: la necropoli Pripijat, poco lontana da Chernobyl.
I luoghi e le storie delle persone vengono descritti in modo lucido e drammaticamente reale, come se l’autore si fosse recato davvero a studiare tutta la zona.Tutto è fermo, le case sembrano tombe e gli oggetti immobili raccontano la vita delle famiglie che li hanno lasciati. Tutto è fermo, tranne la vita delle persone, che diventa un’affannata corsa contro l’ovvia morte.

Possiamo distrarci con Lupo mangia cane, ma durante tutta la lettura si percepisce una sorta di eco disperato in sottofondo, che fa riflettere. Perché molte delle cose raccontate, passate e presenti, sono vicine alla realtà.
Sappiamo, e lo documentano le foto, che a Chernobyl come a Fukushima tutto è fermo.
Sappiamo, e lo raccontano le storie, che in pochi si salvano da tumori e malattie causate dalle radiazioni.
Sappiamo che c’è stato un ritardo nel dare l’allarme e nell’evitare il consumo di prodotti agricoli.
Sappiamo che sono state sottovalutate le conseguenze del disastro.

E’ solo un romanzo, è solo finzione, ma nell’anno del trentennale di Chernobyl, la mente non può che fermarsi per riflettere.

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