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07 aprile 2016

Lavoricidi, un libro che racconta il mondo del lavoro

Combattere e denunciare la precarietà del mondo del lavoro usando uno strumento che resta per sempre: un libro. È questa l’idea dei quindici giovani marchigiani che hanno creato Lavoricidi, un romanzo-progetto corale che non passa certo inosservato.

Lavoricidi cattura l'attenzione perché usa la forma del romanzo per raccontare ciò che sappiamo e vediamo attorno a noi. Ma è soprattutto un volume che rimane nelle nostre librerie personali, per ricordarci qual è il confine tra giusto e sbagliato e cosa significa far valere la propria dignità.
Lavoricidi è un libro speciale per tre motivi: per il titolo perfetto, perché marchigiano (quindi molto vicino a noi) e perché fa luce su un problema fondamentale in Italia: il mondo del lavoro.

Come Amelie Nothomb ha raccontato (in "Stupore e Tremori") i lati oscuri del mondo del lavoro giapponese, così gli autori di Lavoricidi narrano storie che riflettono la situazione italiana in maniera nitida e realistica. Da chi deve alleggerire il curriculum per ottenere un posto fisso come commesso a una serie di colloqui che culminano in proposte offensive, fino ad arrivare all'ultimo racconto, in cui la precarietà diventa emblema della condizione umana.

Leggere questo libro è faticoso, soprattutto perché rischi di affezionarti a ognuno dei quindici personaggi. Tanto che vorresti essere lì assieme a loro a sbattere un pugno in faccia a certi responsabili delle risorse umane e gridare con loro: "non calpestare la mia dignità", "riesci ancora a guardarti allo specchio la mattina?" "e se ci fosse suo figlio al mio posto?".

"Nessuno di loro sa di essere schiavo" dice la quarta di copertina del libro. "Nessuno di loro sa essere schiavo", oserei aggiungere. Tutelare la propria dignità è infatti il messaggio positivo che emerge dalle pagine di Lavoricidi, un messaggio che non deve essere mai precario.

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